“DEBORAH, ASCOLTAMI CON GLI OCCHI”: L’ARTE CIVILE DI DANIELA FAZZOLARI E BRUNO PANUZZO SCUOTE LE COSCIENZE CONTRO LA VIOLENZA DI GENERE
COMUNICATO STAMPA
Un cortometraggio potente, simbolico e profondamente umano: il progetto firmato dalla Scuola Cinematografica della Calabria diventa un manifesto visivo di denuncia e consapevolezza. Un’opera breve ma intensa, che non cerca la spettacolarizzazione del dolore, ma l’urgenza della testimonianza. È online “Deborah, ascoltami con gli occhi”, produzione audiovisiva che si colloca con forza e delicatezza nell’ambito dell’arte civile, affrontando il tema della violenza di genere con una carica emotiva e simbolica rara nel panorama italiano contemporaneo. A dirigere e interpretare questo lavoro è Daniela Fazzolari, attrice apprezzatissima e di lungo corso, che in questa occasione mette a servizio della narrazione il suo volto, il suo coraggio e soprattutto la sua grande capacità di incarnare il dolore senza retorica. Fazzolari non interpreta solo un ruolo: diventa messaggera di un’urgenza collettiva, voce di chi non può più parlare, sguardo di chi è stato costretto al silenzio.
A sostenere la forza visiva del corto è la colonna sonora originale di Bruno Panuzzo, musicista e compositore dalla cifra intimista e raffinata, che con le sue atmosfere evocative riesce a trasformare ogni sequenza in un grido sommesso ma lacerante. Le sue note, spesso sospese tra dolore e speranza, non accompagnano semplicemente le immagini: le attraversano, le interrogano, le amplificano. Presentato in anteprima al Salone Internazionale del Libro di Torino 2025, “Deborah, ascoltami con gli occhi” ha suscitato un’ondata di consensi trasversali, catalizzando l’attenzione di pubblico e critica per la sua capacità di coniugare arte e impegno civile. Da quel momento, il video ha avviato un percorso virale in rete, trasformandosi in un vero e proprio fenomeno culturale. Ma ciò che più colpisce è la sua capacità di provocare riflessione autentica, lontano dagli slogan e dai numeri da social media. L’opera si inserisce in un contesto sociale in cui il femminicidio e la violenza domestica restano piaghe dolorosamente attuali, spesso normalizzate dal silenzio o da narrazioni semplificate. In questo senso, il corto non si limita a sensibilizzare: è una chiamata all’ascolto profondo, un invito a guardare negli occhi l’invisibile, a riconoscere la dignità negata, a farsi carico – almeno per un istante – di una responsabilità condivisa. “Deborah, ascoltami con gli occhi” non racconta solo una storia. È un atto di coraggio estetico e politico, un esempio di come il cinema – anche nel formato breve – possa farsi portavoce di cambiamento, memoria e verità.
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