“DEBORAH” DI BRUNO PANUZZO E DANIELA FAZZOLARI ALLA ROBERT F. KENNEDY HUMAN RIGHTS D IFIRENZE: QUANDO L’ARTE ACCENDE LA COSCIENZA CONTRO LA VIOLENZA DI GENERE
FIRENZE – In un mondo in cui la voce delle donne cerca ancora spazi autentici di ascolto e giustizia, un’opera multimediale – intensa, poetica, necessaria – trova casa in uno dei luoghi simbolo dei diritti umani in Europa: la sede della Robert F. Kennedy Human Rights di Firenze.
Si tratta di “Deborah – Ascoltai con gli occhi”, il potente progetto artistico e civile, magistralmente interpretato e diretto dalla celebre attrice Daniela Fazzolari sulle musiche evocative del cantautore ed artista “visionario” Bruno Panuzzo, che ha già lasciato un segno profondo in chiunque vi si sia avvicinato. L’arrivo di “Deborah” in questa istituzione non è solo una tappa, ma un riconoscimento internazionale: il messaggio dell’opera si intreccia idealmente con la visione umanistica e sociale di Robert F. Kennedy, che nel solco del sogno spezzato del fratello John, immaginava un’America – e un mondo – più giusto, più compassionevole, più umano. Oltre che da Bruno Panuzzo, ideatore del progetto, e dal professore Pietro Cremona l’iniziativa è stata sostenuta dalla dottoressa Valentina Pagliai, coordinatrice del centro fiorentino, che da anni guida con rigore e sensibilità una delle realtà più attive sul fronte dell’educazione ai diritti umani in Europa. “Deborah” è una narrazione artistica che parla di dolore e rinascita, ispirata da storie di donne che dalla sofferenza e dalla violenza sono riuscite a riemergere come testimoni e guide, restituendo speranza, dignità, forza. L’opera è dedicata a Ethel Skakel Kennedy, figura storica ed attivista americana, moglie di Robert F. Kennedy che ha fatto della sua esistenza un inno alla resilienza e al servizio. La sua figura, che incarna lo spirito del sacrificio e della trasformazione, risplende nell’anima stessa del progetto “Deborah”. Nel cuore di Firenze, città che da secoli è culla del pensiero umanista, “Deborah” trova quindi un terreno fertile per far germogliare un messaggio di civiltà. L’incontro tra arte e diritti umani non è nuovo: lo insegnano la pittura di Goya, le poesie di Paul Éluard durante la Resistenza, il teatro civile di Dario Fo e molti brani musicali dei Beatles. Ma ogni tempo ha bisogno della sua voce, e Deborah è, probabilmente, per l’Italia e per l’Europa del presente, una di quelle voci. Ed ecco che i paesaggi di Prestarona, in Calabria, si fondono con le bellezze del mondo in un corale inno alla vita. Nato nell’alveo creativo della Scuola Cinematografica della Calabria, il progetto ha coinvolto, oltre a molti giovani, anche gli stagisti dell’anno accademico 2024/2025 della struttura. Questi ultimi, lavorando in tandem, si sono lasciati guidare dalla forza dell’arte come strumento di trasformazione. Lodevoli le illustrazione dell’artista Simona Carrozza.
Maestri come Lele Nucera, Demetrio Caracciolo, il professore Pietro Cremona (educatore ed autore d’importanti opere di rivalutazione del territorio locrideo) hanno creduto sin dal primo momento in questa scommessa culturale, sostenendola con passione e competenza. Grande merito va conferito anche a Luigi Luppola e Maria Luisa Madera, dell’Official Beatles Fan Club Pepperland, che con il loro contributo hanno arricchito questo cammino condiviso. Il risultato è un’opera collettiva, dove le generazioni si incontrano, le competenze si intrecciano, le storie personali diventano narrazione universale. Il traguardo raggiunto – accolti in una sede così prestigiosa, riconosciuti per la qualità artistica e per l’impegno etico – non è solo motivo di orgoglio. Come ci ricorda l’insegnamento di Robert Kennedy stesso, “ognuno può fare la differenza, e insieme possiamo cambiare il mondo”. In un tempo segnato da guerre, ingiustizie, soprusi, progetti come “Deborah” ricordano che l’arte non è evasione, ma presenza viva nella storia. Che la bellezza può essere cura. E che la lotta per i diritti umani è, prima di tutto, un atto d’amore.