Apparecchi acustici in età pediatrica *Intervista allo Specialista Audioprotesista Dott. Lorenzo Festicini*
*Dottor Festicini, partiamo dalle basi: perché l’ipoacusia in età pediatrica è una condizione così delicata?*
L’ipoacusia nel bambino non è semplicemente una riduzione dell’udito, ma una condizione che può interferire profondamente con lo sviluppo del linguaggio, della comunicazione, delle abilità cognitive e delle competenze sociali. I primi anni di vita sono una fase di estrema plasticità cerebrale, in cui il cervello si struttura sulla base degli stimoli che riceve. Se lo stimolo uditivo è carente o distorto, il bambino rischia di sviluppare con più fatica il linguaggio parlato e, di conseguenza, tutte quelle competenze che si appoggiano alla comunicazione verbale. Per questo la diagnosi e l’intervento precoce sono fondamentali: prima identifichiamo il problema e iniziamo a trattarlo, maggiori saranno le possibilità che il bambino sviluppi un linguaggio il più possibile vicino a quello dei coetanei normoacusici.
*Quanto è importante lo screening uditivo neonatale?*
Lo screening uditivo neonatale è uno strumento decisivo. Consente di individuare già nei primi giorni di vita eventuali sospetti di ipoacusia e di avviare rapidamente un percorso diagnostico più approfondito. In passato, molti bambini con ipoacusia venivano diagnosticati tardi, talvolta dopo i due, tre anni, quando i ritardi di linguaggio erano ormai evidenti. Oggi, grazie allo screening, possiamo intervenire spesso entro i primi mesi di vita, applicando gli apparecchi acustici o valutando l’indicazione ad un impianto cocleare nei casi più gravi. Questo anticipo temporale fa davvero la differenza nello sviluppo del bambino.
*Una volta confermata la diagnosi, qual è il ruolo dell’audioprotesista nel percorso del bambino?*
L’audioprotesista ha un ruolo centrale, che non si esaurisce nella semplice fornitura dell’apparecchio acustico. È una figura di riferimento stabile nel tempo. In primo luogo si occupa della scelta e dell’adattamento della protesi, calibrandola in base alle caratteristiche dell’ipoacusia e alle esigenze del bambino. Poi segue nel tempo l’evoluzione uditiva, verificando la corretta regolazione degli apparecchi e ottimizzandone progressivamente la resa. Inoltre rappresenta un punto di sostegno molto importante per la famiglia, che spesso vive la diagnosi con smarrimento, timore o senso di colpa.
L’audioprotesista, lavorando fianco a fianco con audiologi, logopedisti, neuropsichiatri infantili e insegnanti, rientra in un vero e proprio lavoro di squadra. L’obiettivo comune è permettere al bambino di avere il miglior accesso possibile al mondo dei suoni e della parola, in modo sicuro, efficace e sostenibile nel lungo periodo.
*Come avviene la scelta dell’apparecchio acustico per un bambino?*
La scelta dell’apparecchio acustico in età pediatrica è un processo complesso, che tiene conto di molti fattori. Anzitutto del tipo e del grado di ipoacusia, perché un’ipoacusia lieve non si gestisce allo stesso modo di una ipoacusia severa o profonda. Si valutano poi l’età del bambino, la forma e la dimensione del padiglione auricolare, la presenza di eventuali patologie associate e il contesto di vita quotidiana, ad esempio l’ambiente familiare, il nido, la scuola dell’infanzia o la scuola primaria.
È fondamentale scegliere dispositivi robusti, affidabili e adatti all’uso infantile, con sistemi di sicurezza per evitare che il bambino possa ingerire accidentalmente parti dell’apparecchio, come le pile. Si presta grande attenzione anche alla connettività e alla possibilità di collegare gli apparecchi a sistemi di ascolto a distanza, utili in ambiente scolastico, come i sistemi FM o le soluzioni wireless, che migliorano la comprensione della voce dell’insegnante riducendo il rumore di fondo.
*Quali sono le principali differenze tra l’adattamento di un apparecchio acustico in un adulto e in un bambino?*
Le differenze sono notevoli. Nell’adulto, l’audioprotesista può contare sul feedback diretto del paziente, che è in grado di descrivere come percepisce i suoni, il parlato, il rumore, e può riferire con precisione se un certo settaggio è confortevole o fastidioso. Nel bambino, soprattutto nei primi anni di vita, questo tipo di comunicazione non è possibile.
Per questo in età pediatrica ci si affida molto a misurazioni oggettive, come le misure in situ e le verifiche elettroacustiche con sonde inserite nel condotto uditivo, che consentono di verificare l’effettiva intensità del suono che raggiunge il timpano. Inoltre, ci si basa su protocolli di fitting specifici per bambini, che tengono conto delle necessità di amplificazione del linguaggio a diverse frequenze.
Serve poi una grande attenzione all’osservazione del comportamento del bambino: come reagisce ai suoni ambientali, alla voce dei genitori, alla musica, ai rumori improvvisi. Anche i genitori forniscono indicazioni preziose su eventuali segnali di fastidio o, al contrario, di scarsa risposta agli stimoli sonori.
*Quanto è importante il coinvolgimento della famiglia in questo percorso?*
Il coinvolgimento della famiglia è cruciale. Nessun apparecchio acustico, nemmeno il più sofisticato, può funzionare adeguatamente se non c’è una famiglia informata, partecipe e consapevole. I genitori devono essere accompagnati nella comprensione della diagnosi, delle potenzialità dell’apparecchio e dei suoi limiti. È fondamentale che imparino a gestire in autonomia la manutenzione quotidiana, il controllo delle pile o delle batterie ricaricabili, la pulizia degli apparecchi e il controllo del corretto posizionamento.
Ma non è solo una questione tecnica. I genitori devono essere sostenuti anche sul piano emotivo. Una diagnosi di ipoacusia in un figlio può generare paura, senso di inadeguatezza, di perdita di un’idea di “normalità”. A volte è necessario tempo perché la famiglia accetti pienamente la situazione e collabori in modo sereno e costruttivo. L’audioprotesista, insieme agli altri professionisti, ha anche il compito di rassicurare, di spiegare con parole semplici, di offrire esempi concreti di bambini che, con gli ausili adeguati e un buon percorso riabilitativo, hanno raggiunto un ottimo livello di integrazione scolastica e sociale.
*Come si integra il lavoro dell’audioprotesista con quello del logopedista e degli altri specialisti?*
Il lavoro è assolutamente integrato. L’audioprotesista fornisce e regola gli apparecchi acustici o altri ausili uditivi, ma il loro utilizzo deve inserirsi in un progetto riabilitativo più ampio. Il logopedista, per esempio, lavora sullo sviluppo del linguaggio, della comprensione e della produzione verbale, sfruttando l’accesso uditivo reso possibile dagli apparecchi. L’audiologo e l’otorino supervisionano la parte medica, controllano la stabilità della soglia uditiva nel tempo, valutano eventuali indicazioni chirurgiche o la necessità di passare a soluzioni impiantabili come l’impianto cocleare. Il neuropsichiatra infantile e lo psicologo, se coinvolti, monitorano lo sviluppo globale, gli aspetti emotivi, relazionali e comportamentali.
L’audioprotesista dialoga con tutti, adattando le impostazioni degli apparecchi anche sulla base delle osservazioni del logopedista o degli insegnanti. È un flusso continuo di informazioni: ciò che accade in terapia logopedica, a scuola o a casa fornisce dati preziosi su come il bambino sta percependo il mondo sonoro, e permette di intervenire sulle regolazioni quando necessario.
*Parlando di scuola, quali sono le principali criticità che un bambino portatore di apparecchi acustici può incontrare in classe?*
L’ambiente scolastico è spesso acusticamente complesso. Le aule possono essere rumorose, con riverbero e rumore di fondo derivante dal movimento dei compagni, dagli spostamenti di sedie e banchi, dalla strada, dal corridoio. In queste condizioni, anche con gli apparecchi acustici, la comprensione della voce dell’insegnante può essere problematica, soprattutto se l’ipoacusia è medio-grave o se il bambino è ancora all’inizio del percorso di sviluppo linguistico.
Un’altra criticità riguarda la posizione del bambino in aula: è importante che sia seduto in un punto che gli permetta di vedere bene il volto dell’insegnante, e che non sia troppo lontano dalla fonte del parlato principale. Inoltre, è fondamentale che gli insegnanti siano sensibilizzati, comprendano le esigenze specifiche del bambino e parlino in modo chiaro, guardandolo quando danno istruzioni importanti.
*In che modo la tecnologia può aiutare a superare queste difficoltà in ambito scolastico?*
La tecnologia oggi offre soluzioni estremamente interessanti. Oltre agli apparecchi acustici tradizionali, è possibile utilizzare sistemi wireless e microfoni a distanza che permettono di trasmettere direttamente agli apparecchi la voce dell’insegnante, riducendo l’effetto del rumore di fondo. Questi sistemi, spesso basati su tecnologie digitali avanzate, migliorano il rapporto segnale/rumore, cioè la chiarezza del parlato rispetto al rumore ambientale.
In pratica, la voce dell’insegnante viene catturata da un microfono dedicato e inviata direttamente alle protesi del bambino. Questo rende l’ascolto più nitido e meno faticoso. Alcuni sistemi permettono anche il collegamento a lavagne interattive, computer o altri dispositivi multimediali, creando un ambiente di apprendimento più accessibile.
*Ci sono differenze tra gli apparecchi acustici per adulti e quelli pensati specificamente per bambini?*
Sì, ci sono differenze importanti. Gli apparecchi per bambini devono rispettare requisiti di sicurezza specifici, come sistemi di chiusura delle batterie a prova di bambino, materiali biocompatibili e forme adatte a padiglioni auricolari in crescita. Devono essere resistenti agli urti, all’umidità e al sudore, perché i bambini sono in movimento continuo, giocano, corrono, possono cadere.
Inoltre, i software di programmazione per l’età pediatrica utilizzano formule di calcolo dell’amplificazione pensate per il linguaggio infantile e per garantire un’adeguata percezione dei suoni della parola in tutte le frequenze più rilevanti per lo sviluppo fonologico. Insomma, non si tratta semplicemente di “rimpicciolire” un apparecchio per adulti, ma di progettare uno strumento su misura per una fase di vita in cui tutto è in evoluzione.
*Molti genitori si chiedono: mio figlio potrà condurre una vita normale con gli apparecchi acustici?*
Questa è una domanda molto frequente e assolutamente comprensibile. La risposta, nella grande maggioranza dei casi, è sì. Con una diagnosi precoce, un adeguato adattamento protesico, un percorso logopedico ben strutturato e il supporto della famiglia e della scuola, molti bambini con ipoacusia riescono a sviluppare un linguaggio efficace, a frequentare la scuola con i coetanei e a condurre una vita ricca di relazioni, interessi e attività.
Ovviamente ogni situazione è unica, perché le ipoacusie non sono tutte uguali e possono essere associate ad altre condizioni. Tuttavia, rispetto al passato, le possibilità di intervento sono enormemente migliorate. Oggi si punta non solo a “sentire di più”, ma a permettere al bambino di partecipare pienamente alla vita sociale e scolastica.
*Guardando al futuro, quali sviluppi vede nel campo degli apparecchi acustici pediatrici?*
Il futuro va nella direzione di una sempre maggiore integrazione tra tecnologia, personalizzazione e rete di supporto. Da un lato vediamo apparecchi sempre più piccoli, potenti e intelligenti, in grado di adattarsi automaticamente ai diversi ambienti sonori, riconoscere il parlato, ridurre selettivamente il rumore e collegarsi a numerosi dispositivi esterni. Dall’altro, si stanno sviluppando soluzioni che permettono un monitoraggio più continuo, con la possibilità per l’audioprotesista di avere dati sull’uso effettivo degli apparecchi, sugli ambienti in cui il bambino trascorre più tempo e sui livelli sonori a cui è esposto.
Questo consente interventi più mirati e tempestivi. Inoltre, cresce l’attenzione alla formazione degli insegnanti e alla sensibilizzazione della comunità, perché l’inclusione reale non dipende solo dalla tecnologia, ma anche dallo sguardo della società nei confronti della disabilità uditiva.
*In conclusione, quale messaggio vorrebbe lasciare ai genitori che hanno appena ricevuto una diagnosi di ipoacusia per il proprio bambino?*
Vorrei dire loro innanzitutto che non sono soli. È normale provare paura, tristezza o confusione all’inizio, ma esistono percorsi strutturati, professionisti preparati e strumenti tecnologici molto avanzati che possono offrire al loro bambino ottime possibilità di sviluppo. La chiave è non chiudersi, fare domande, cercare di capire e costruire un rapporto di fiducia con il team che seguirà il bambino.
Gli apparecchi acustici non sono un limite, ma un mezzo per aprire porte, per dare al bambino accesso ai suoni, alle parole, alle relazioni. Con il tempo, molti genitori vedono il proprio figlio crescere, parlare, ridere, andare a scuola e intrecciare amicizie, e si rendono conto che quella diagnosi, pur difficile, è diventata il punto di partenza di un percorso di consapevolezza e di cura, non la fine di un progetto di vita.
