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Paradosso energetico italiano: obiettivi rinnovabili ambiziosi ma aree disponibili sempre più limitate

Comunicato Stampa

Chivasso – 2/12/2025

ACEPER denuncia: le restrizioni del DL 175/2025 ostacolano lo sviluppo energetico

Il settore delle energie rinnovabili in Italia sta affrontando una crisi senza precedenti. Nel secondo trimestre del 2025, il mercato ha registrato un calo del 29% rispetto al periodo precedente, con la potenza rinnovabile complessiva installata che al 30 giugno 2025 ammontava a 79,36 GW, distribuiti su oltre 2 milioni di impianti. Un dato che evidenzia come, nonostante gli obiettivi ambiziosi di transizione energetica, il Paese stia rallentando significativamente il proprio percorso verso la sostenibilità.

Il Decreto-Legge 21 novembre 2025, n. 175, recante ‘Misure Urgenti in Materia di Piano Transizione 5.0 e Produzione di Energia da Fonti Rinnovabili’, introduce nell’articolo 2 disposizioni estremamente restrittive sulle aree considerate idonee per gli impianti rinnovabili. Queste nuove norme delineano un quadro ancora più penalizzante rispetto al DM Aree Idonee del 21 giugno 2024, già giudicato insufficiente e annullato dai tribunali amministrativi.

Veronica Pitea, presidente di ACEPER, l’associazione italiana più importante a tutela delle energie rinnovabili che riunisce più di 10.000 pmi italiane, ha espresso forte preoccupazione: ‘Non possiamo stare zitti di fronte a questa situazione. Le nuove restrizioni sono ancora più severe rispetto a quelle precedenti, che già limitavano fortemente le aree su cui costruire impianti fotovoltaici. Questo significa che le energie rinnovabili vanno avanti più lentamente, proprio quando dovremmo accelerare’.

La situazione appare paradossale se si considera che al 31 marzo 2025 il totale degli impianti rinnovabili installati in Italia era di 78,05 GW, distribuiti su 1.948.673 impianti, mostrando una crescita che ora rischia di arrestarsi bruscamente. Il decreto ridefinisce completamente le aree idonee per le fonti di energia rinnovabile, gli iter autorizzativi e le regole per il Piano Transizione 5.0, con impatti significativi per progettisti e pubbliche amministrazioni.

‘Il rischio più evidente è il paradosso della normativa’, sottolinea Pitea. ‘Da un lato si impongono alle Regioni obiettivi di incremento della capacità rinnovabile installata, dall’altro si ostacola la realizzazione concreta degli impianti, riducendo drasticamente le aree disponibili.

Le conseguenze di queste restrizioni potrebbero essere devastanti per il settore. Molti progetti già in fase avanzata di autorizzazione rischiano di essere bloccati, con perdite economiche significative per gli investitori e un rallentamento generale della transizione energetica del Paese. Gli operatori del settore temono che le nuove norme possano scoraggiare gli investimenti futuri, proprio in un momento in cui l’Europa chiede accelerazioni significative nel raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione.

La situazione richiede un intervento urgente da parte delle istituzioni per rivedere le disposizioni del decreto. Gli esperti del settore sottolineano come le restrizioni imposte non solo rallentano lo sviluppo delle rinnovabili, ma rischiano di compromettere gli impegni presi dall’Italia a livello europeo e internazionale in materia di riduzione delle emissioni e transizione energetica.
‘Tutto quello che limita lo sviluppo delle energie rinnovabili limita il progresso e il risparmio dei cittadini’, conclude Pitea. ‘ACEPER raccoglie le preoccupazioni di oltre diecimila associati che rappresentano una fetta significativa del nostro paese, facendosi portavoce di questi verso le istituzioni, in modo da poter trovare soluzioni e politiche industriali a favore di tutti’.
Le prospettive future del mercato delle rinnovabili in Italia dipenderanno dalla capacità del governo di bilanciare le esigenze di tutela del territorio con la necessità impellente di accelerare la transizione energetica. Senza un cambio di rotta, il rischio è che l’Italia rimanga indietro rispetto agli altri paesi europei nella corsa verso la neutralità climatica, con conseguenze negative non solo per l’ambiente ma anche per la competitività economica del sistema Paese.